POESIE

NOTA DELL'AUTORE

 

 Nota dell'autore

Il moltiplicarsi dei messaggi e dei linguaggi e la crescente potenza dei mezzi che li diffondono, prima fra tutti la televisione, non ha portato maggiore chia-rezza alla comunicazione interumana. In una maniera meno evidente, e per questo ancor più subdola, di quanto preconizzato da George Orwell nel suo 1984, il "Gran Fratello" coinvolge masse sempre più sterminate in una colos-sale Babele dove il "non senso" sembra essere il denominatore della gran par-te dei messaggi e il consumo il domma fondamentale, l'idolo al quale si sacri-fica l'esigenza umana di un parlare vero, di un pensare libero.

In mezzo al calderone della "razionalità" mercantile e consumista cresce per altro la presenza di forme di violenta irrazionalità. Lo spiritismo, la magia e altre forme minori di superstizione contagiano fette crescenti della popolazio-ne dell'occidente post-industriale, né sono patrimonio di ceti marginali della nostra società 0 dei vari sud dell'occidente.

Così la presunzione di razionalità che governa la nostra cultura viene scon-fessata da queste apparentemente inspiegabili fughe verso surrogati del sacro. La negazione di Dio e l'ideologica affermazione della centralità (dittatoriale!) dell'uomo, sfociata nella sua nevrotica violenza alla natura e nel disperato tentativo di possederla per dare un senso alla sua vita, ha finito per condurre l`uomo contemporaneo verso forme di schiavitù che richiamano maggiormen-te le sacche più grigie del medio evo e altre epoche scure della storia umana che la modernità.

Nella storia violenta e spesso disperata dei popoli del Medio Oriente antico nel secondo millennio a.C., tra genti che confidavano spesso come unica speranza (illusione!) per liberarsi dell'angoscia, Dio si rivela a Mo-sè nel simbolo del fuoco che brucia, da luce e calore, affascina... ma non con-suma il rovo (Esodo 3). Mentre la magia invita gli uomini a vincere la dispe-razione garantendosi un potere violento che controlla le forze della natura per destinarle, contro la loro originaria vocazione, pro o contro qualcuno, a "scoprire" a forza di violenze e astuzie il "Nome" della divinità per poterla costringere ai propri interessi, Iddio vero si rivela spontaneamente a Mosè e si presenta fin dall'inizio in un simbolo di luce e calore che rispetta l'autono-mia d'ogni essere, il roveto che arde e non si consuma diviene il simbolo pe-renne del linguaggio vero, d'una comunicazione libera e vitale. Colui che è il padrone di tutte le cose le rispetta e le mette al servizio dell'uomo. L'uomo è invitato a contemplare il fuoco e ad entrare con gioia nel suo segreto, non una formula magica per violentare la natura, opprimere altri uomini, pretendere di "piegare il cielo" ai suoi voleri, ma una parola che e vita, amore, speranza.

Il segreto del fuoco è un "mistero" nel senso usato da S.Paolo (Colossesi 1,9): non qualcosa che un dio maligno e geloso (al modo degli dei dell'Olimpo gre-co) vuole perennemente tener nascosto all'uomo, ma il progetto di eterno a-more del Dio vero che si rivela all'uomo nella sua storia, adattandosi al suo linguaggio e seguendone il cammino fedelmente, Di fronte a questo Dio che si dona perde ogni senso la violenza della magia come la fuga sfiduciata e il ra-zionalismo arrogante. A fronte del Prometeo incatenato da Zeus alla roccia e condannato a feroce supplizio, Mose è il tipo dell'uomo chiamato con amore a conoscere Dio e la sua opera, il mondo, ad entrare nella dimensione vera del-la vita che non è il potere e la violenza ma il servizio e l'amore; Mosè anticipa il simbolo definitivo: Gesù crocifisso. Se il mito greco ha partorito l'uomo in-chiodato per aver osato rubare al dio il segreto del fuoco, la storia ebraico-cristiana mostra Dio crocifisso dagli uomini per esser venuto a donar loro se stesso, vero fuoco che da vita.

Il roveto che brucia diviene pure tipo di ogni vera comunicazione interumana. L'uomo che ha "contemplato" il fuoco ed è "entrato" nella sua logica di amore smette ogni ricerca aggressiva della vita e diviene narratore della vita che ha ricevuto in dono.

Per troppo tempo la cultura occidentale (che ancora mantiene la pretesa di essere mondiale) è stata condizionata da un atteggiamento di possesso: pos-sesso di concetti e nozioni, possesso della natura, possesso dei mezzi di pro-duzione... il nostro augurio è che possiamo entrare, a piedi scalzi come Mosè,

sulla terra santa dell'umiltà intellettuale, pronti a ricevere il dono di Dio, feli-ci di donarlo agli altri raccontando.

Abbiamo bisogno di vecchi che ci narrino storie di uomini accanto al fuoco, di fanciulli che vogliano dissetarsene sgranando gli occhi,,. non di eunuchi men-tali di ogni età, morti che respirano davanti a un televisore. In questa raccolta prosegue il tentativo, che ha gli stessi ritmi istintivi del mio respirare e del mio amare, di comunicare in un linguaggio sensato, di diffon-dere, coi mezzi poveri della poesia, una comunicazione che affondi le sue ra-dici nei simboli perenni del mondo e del cuore umano, che possa evocare in chi legge la musica arcana che ha dentro, fare largo, sgombrando le orecchie, gli occhi e il cuore dai "linguaggi da monitor", alle parole vere che sono sep-pellite dentro noi e attendono liberazione. Le poesie presentate sono, nella diversità dei momenti e dei sentimenti, storie narrate e sognate: storie di un uomo che ha scorto il roveto che brucia e non si estingue ed è lì a cercare di togliersi i sandali per non calpestare quella terra santa. L'augurio al lettore è di riuscirci prima di me... per la sua e la mia gioia! Foggia, 1° gennaio 1991 Antonio Belpiede

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(Fonte: Antonio Belpiede, LIBRO IL SEGRETO DEL FUOCO)