RACCONTO LA STORIA

FRATE VENTO L'AMICO 5/2019

IL DONO DI NATALE

Con spietata dolcezza le antifone e i refrain natalizi emergono dal Sancta Sanctorum dell’anima mia: “Tu scendi dalle stelle; Serena è la notte di gelo; In notte placida; Astro del Ciel …” e tanti altri. Non si tratta solo di commozione, del mood natalizio, come potrebbe dirsi in anglo – italiano, ma di fede trasmessa, la fede che nel popolo di Dio si fa lode al Figlio dell’Altissimo che viene, la fede che ha le note di mille e mille musicisti, i versi di mille poeti e la voce dei nostri antenati. Per questo i canti del Natale mi giungono sempre con la voce maschia da tenore di mio padre, che cantava con gli altri terziari nel coro del nostro convento. E assieme alle note e alla sua voce nelle orecchie mi appaiono anche gli occhi luminosi della semplice gioia di un padre francescano che vedeva i suoi cinque figli tutti lì, attorno al convento, nei diversi “reparti pastorali”, tutti a cantare la gioia del Bambino che ci è stato dato.

San Paolo parla di una tripartizione dell’essere umano: Soma – Psyké – Pneuma, cioè Corpo – Psiche – Spirito. Il Verbo eterno del Padre è stato concepito di Spirito Santo nel grembo della Vergine – Madre; il Verbo ha preso da Maria Immacolata la carne dell’umanità e quella carne si è “imparentata” con Dio indissolubilmente. Il fondo della kenosis, dell’annientamento di Dio come ci è sublimemente presentato dal Cantico di Filippesi (2, 6-11) è che Dio non può più tornare indietro. Si è compromesso con l’umanità mandando il suo Figlio nella stessa carne di Adamo ed Eva. Totale è l’amplesso di Dio con l’umanità: nel concepimento del Verbo in Maria, nell’investitura al suo battesimo nelle acque del Giordano, nella trasfigurazione sul Tabor, nel mistero del suo amore effuso nella Pasqua cruenta e nella Risurrezione gloriosa. Allo stesso modo totale è l’attesa di salvezza dei figli di Adamo, che ora sono fratelli di Gesù, uniti dalla stessa carne, segnati dal sigillo dello stesso Spirito nelle acque del Battesimo. Il Corpo, la psiche, lo spirito dell’uomo sono pervasi dall’energia ineffabile della Pentecoste. Gesù è salito al cielo e siede alla destra del Padre solo perché lo Spirito Santo possa cristificare tutti i figli di Adamo nelle acque del Battesimo, nella sua perenne effusione nell’annuncio del Vangelo, nella carità della Chiesa.

La Chiesa è mandata a continuare l’opera degli Apostoli: annunciare Gesù Signore, battezzare chiunque lo chiede, donare il pane dell’amore come i primi sette diaconi, vivere nella liturgia la comunione col Padre e il Figlio nello Spirito. Eppure la Chiesa viene ostacolata grandemente. Ci sono ostacoli interni: il peccato nelle sue varie forme. Quando il peccato sfiora i piccoli … dovremmo “sequestrare molte macine di frantoio e appenderle al collo dei colpevoli gettandoli in mare” (cf. Mt 18,6). Ma il peccato “ad intra” della Chiesa è anche brama di potere, maldicenza e calunnia per annullare i concorrenti, idolatria del denaro, vizio, o semplice, ignava omissione nei confronti di moltitudini di sofferenti. Contro questi peccati di matrice interna occorre il balsamo dell’Evangelo, ascoltato con orecchie attente, “mangiato”, come dice il profeta Geremia: “Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità” (Ger 15,16). Anche a questo, potentemente ispirato, alludeva il grande Paolo VI quando in Evangelii Nuntiandi scriveva della Chiesa “evangelizzatrice che si lascia evangelizzare” (cf. EN, 15).

Al di fuori la Chiesa si trova spesso di fronte a provocazioni, tentativi di soffocamento, viene blandita da potenti Stati e organizzazioni per adattarsi e acquisire privilegi, smussando la punta affilata della “spada a doppio taglio” che è la Parola di Dio (cf. Eb 4,12). Negli ultimi anni c’è stato un numero impressionante di martiri, il cui sangue si mescola con quello di Gesù nel calice della Storia. Ci sono paesi in cui la Chiesa è tollerata ufficialmente, ma a Natale o a Pasqua, o in altra grande festa le bombe disintegrano la carne innocente di fedeli riuniti per la Messa e gli onnipresenti kalashnikov sbrindellano le carni e tolgono la vita. In altre nazioni non ci sono queste persecuzioni, e tuttavia la Chiesa è “cortesemente invitata” a farsi da parte, a non intervenire nei conflitti tra popolo e Amministrazione, a tacere sui diritti conculcati. Dal Cile al Venezuela, alla Colombia mentre scriviamo, popoli si ribellano e protestano per le inique condizioni di vita. Gli studenti di Hong Kong, che pure hanno condizioni di vita migliori, protestano per il più fondamentale dei bisogni: la libertà.

Vivo a Roma, e non posso accettare, tra le mille positività del nostro paese, che le strade dell’Urbe affidata alla tutela del successore di Pietro, siano un gruviera osceno di buchi nel catrame, che ci siano dall’inizio dell’anno già 125 vittime investite per strada per una condotta scellerata di autisti e pedoni, ma anche per l’ignavia della Polizia Urbana e la smorta segnaletica, che l’intera raggiera delle strade che da Roma partono verso il resto d’Italia sia una rete di disperazione di fondi stradali, che la stazione metro di Barberini sia chiusa per la rottura di una scala mobile dal 22 marzo. E mi fermo …

Ogni bambino ha diritto di esprimere un desiderio a Natale. E di fronte a Dio siamo tutti bambini, a qualunque età. Giovanni, che ha otto anni e sta benone, chiede a Gesù Bambino un gioco elettronico, Alice, nove anni, resta fedele alla bambola; ne ha diverse ma ne desidera un’altra, coi capelli rossi. Il piccolo Aldo invece è all’Ospedale Bambin Gesù per una leucemia: gli porteranno doni, tanti, ma a dieci anni ha ben capito che il primo dono è la vita e … vorrebbe essere guarito, Gesù.

E io mi ritiro in silenzio, Signore, mentre le cento canzoni di Natale cedono ai versi intimi del grande poeta e la voce da tenore di papà a quella dell’anziano Ungaretti. Anche questi suoi versi fanno parte dei miei inevitabili ritornelli natalizi: “Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade”. No. Non ho voglia, Gesù di buttarmi sulle strade rotte dalla corruzione degli amministratori e dall’incapacità. Non ho voglia di respirare i lacrimogeni della Polizia cinese a Hong Kong o essere mitragliato dai Narcos mentre cerco con la mia famiglia di uscire dal Venezuela o dalla Colombia. Signore Gesù, quando avevo dieci anni come il piccolo Aldo terminai la quinta elementare. L’Italia era bella allora, c’erano tante rondini a Primavera e tanti bambini per le strade per tutto l’anno. Le nostre scuole elementari erano le migliori del mondo e i maestri tracciavano un profilo psicologico del bambino che superava gli esami di quinta e passava alle Medie. Il mio maestro, Bartolo, scrisse di me: “Temperamento che mal sopporta ingiustizie”. Signore, è passato tanto tempo, è passato il tempo dei trenini e delle costruzioni Lego. Ma vorrei chiederti anch’io un dono, per me, ma non solo. Come cantano i tuoi angeli nella notte di Betlemme? “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e … Pace in terra agli uomini ch’Egli ama”. Ebbene, Signore Gesù, tu lo sai: hai mai visto la Pace vivere senza la Giustizia? Ecco, Signore, il mio dono di Natale, per me e per tutti: per gli operai e i bambini di Taranto, per i bimbi del Sudamerica in fiamme, per quelli di Hong Kong, per tutti i bimbi del mondo: un po’ di pace, Signore, un po’ di giustizia … un po’ di “Venga il tuo Regno”. Non ho altri desideri, Signore. Buon Natale a tutti. Buon 2020.

 

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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO)