RACCONTO LA STORIA

EDITORIALE L'AMICO 1/2013

CREDO: LA CHIESA E' APOSTOLICA

Nella memoria della Madonna di Lourdes, giornata degli ammalati, il Papa, infermo tra tanti infermi, annunciando le sue dimissioni dinanzi al Concistoro dei cardinali, ha sconvolto il mondo intero, anche la redazione de L'Amico e il mio editoriale.

Il vescovo di Roma, che da Pietro in poi presiede il Collegio dei vescovi, sparsi nel mondo intero a pascere il popolo di Dio, è segno di unità nell'annuncio del Vangelo e nel dono dei sacramenti che fondano la carità della Chiesa, il suo cammino verso la santità. La Chiesa è "una, santa, cattolica e apostolica". L'unità del Collegio dei vescovi, successori degli apostoli, è garanzia dell'unità dell'annuncio e dei sacramenti, della sicurezza della dottrina e della liturgia che viene celebrata in ogni parte del mondo, in comunione col vescovo della diocesi e col vescovo di Roma.

Le ultime parole dette da Gesù, nel racconto di Matteo, agli undici sono: "Andate e annunciate. Andate e battezzate!" (Mt 28,18-20). L'apostolo Paolo dice: "Guai a me se non evangelizzo" (1 Cor 9,16). La vita dell'apostolo è stata una testimonianza luminosa e fedele dell'Evangelo "dovunque e sempre". I due avverbi sono stati usati da Benedetto XVI come titolo per la sua lettera in forma di motu proprio Ubicumque et semper. Joseph Ratzinger, uomo finissimo, teologo eccelso, servo fedele dei servi di Dio, pastore universale ... sarà ricordato per diversi motivi, ma a nostro avviso rischia di diventare proprio "il Papa di Ubicumque et semper".

 La dialettica conciliare tra i primi schemi tradizionali, preparati dalla Curia romana, e il cambio, dopo la morte di Giovanni XXIII e l'avvento di Paolo VI, s'incentrò sull'identità della Chiesa: "Chiesa, cosa dici di te stessa?", fu la parola che risuonò alla ripresa del Concilio. Dieci anni dopo il termine dell'assise ecumenica, avendo raccolto le istanze del Sinodo dei Vescovi sull'Evangelizzazione, Paolo VI promulgò l'esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, quasi sintesi sedimentata dei documenti conciliari e loro prolungamento dinamico. La Chiesa è chiamata ad evangelizzare sempre. Se non evangelizza perde la sua natura. La Chiesa, d'altronde, non è chiamata solo ad annunciare la Parola agli altri, ma a farsi evangelizzare ogni giorno dal suo Signore che vive in essa nello Spirito Santo.

I commenti sulle dimissioni di Benedetto XVI sono stati moltissimi e disparati. Pure le parole della declaratio del Papa sono chiarissime. Egli auspica un Papa che abbia "il vigore necessario per condurre la barca di Pietro e annunciare l'Evangelo". L'accostamento dei due termini, nel linguaggio del Papa tedesco, conferma quel senso paolino di dovere o destino: la rotta della barca di Pietro è esattamente quella della Evangelizzazione, qualunque deviazione rischia di allontanare la Chiesa dalla volontà di Dio. Non possiamo, così, condividere quanto l'ottimo cardinale Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, ha detto a commento: "Dalla croce non si scende". Un Papa che voglia pensare a se stesso si lascia coccolare nei palazzi pontifici, magari annulla il prossimo viaggio in Brasile, riduce gli impegni. Chi può obbligare un Papa anziano e malato a viaggiare? Ma Benedetto ha contemplato l'agonia del Beato Giovanni Paolo II, di cui Dziwisz è stato fedele segretario, ed ha voluto evitare la stessa agonia alla Chiesa. Il suo spirito illuminato desidera con Dio che la Chiesa si svegli, che "le chiese di antica tradizione cristiana" si lascino pervadere da un nuovo soffio di Vangelo, ascoltato, metabolizzato, annunciato. Ci sono vescovi da stimolare a una visione e una prassi più missionaria, parroci da guidare a cambiare stile pastorale, uscendo dagli uffici parrocchiali per le piazze degli uomini, religiosi e religiose da risvegliare come i discepoli di Emmaus. Chi dovrà fare tutto questo? In primis un Papa che, bevendo la teologia della Nuova Evangelizzazione di Giovanni Paolo, renda conseguente l'obbligo giuridico che Benedetto ha dato ai vescovi e a tutti i fedeli: annunciare il Vangelo ubicumque et semper.

La Chiesa è santa e cattolica (universale) solo e in quanto è una nella missione apostolica. Benedetto si è fatto da parte per restare come Mosè sul monte a pregare e offrire la sua senilità e le sue sofferenze perché un nuovo Pietro, pieno di vigore, imprima una decisa correzione di rotta al timone della barca. Paolo VI introdusse le dimissioni obbligatorie per i vescovi a 75 anni e ai cardinali il limite di 80 anni per entrare in conclave. Benedetto XVI ha continuato con coraggio straordinario questa opera di "demitizzazione" della struttura gerarchica della Chiesa. Gratia supponit naturam (la Grazia presuppone la natura) diceva il dottore angelico, san Tommaso: il Papa teologo lo sa ed è stato radicalmente conseguente quanto umile.

 Grazie, Padre Santo, dal profondo del cuore. Voglia lo Spirito mantenere nei signori Cardinali che entreranno in Conclave lo stupore che la mite determinazione della sua dichiarazione ha creato. Voglia imprimere con stilo di fuoco nella carne dei loro cuori la sua preoccupazione, che è quella di Dio: dare vigore a un nuovo annuncio del Vangelo. I tempi sono maturi perché lo Spirito Santo faccia germogliare una cosa nuova sotto i nostri occhi.

... In quest'attesa di novità non posso omettere di dare un duplice caloroso benvenuto nella famiglia de L'Amico a due nuove penne, quella del teologo Robert Cheaib, laico, marito, padre di due splendidi bambini (perché non si pensi al solito teologo - chierico!), quella di Fabrizio Volpe, maestro di Diritto Privato, ricercatore onesto e instancabile di quella Giustizia con la maiuscola, indispensabile per costruire il Regno.

 

© Antonio Belpiede - all rights reserved

 


(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO)

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