RACCONTO LA STORIA

FRATE VENTO L'AMICO 3/2016

EUROPA: PAURA DI SOGNARE

È stato detto, con nobile ovvietà o per diplomatico obbligo, che la scelta dei cittadini inglesi d'uscire dall'Unione europea va rispettata. Senza avere gli strumenti per disaggregare il dato elettorale, qualche intervista e qualche umore popolare colto c'istillano il ragionevole dubbio che non siano stati i sentimenti più elevati del popolo inglese a decidere. Gli inglesi sono, in gran parte, isolazionisti e nazionalisti da sempre. L'isola, una grande isola, condiziona inesorabilmente i suoi abitanti: sardi, siciliani... inglesi. Le relazioni britanniche col mondo, per molti secoli, sono state relazioni di dominio coloniale e di alta autostima. "I'm an english man" - "Sono un inglese" aveva un valore altissimo fino al 1945, poi ceduto in parte a favore del nipote americano: "I'm american!". L'Europa attuale, invece, ha bisogno di relazioni tra uguali membri, tra i quali le differenze culturali s'intrecciano come sinfonia di ricchezza. Una dialettica ancora viva nel popolo del Regno Unito, che ha prodotto proteste immediate, confusione di politici, milioni di firme raccolte, è quella tra essere inglesi in Europa, o "extracomunitari" alle porte di essa.

Esiste, tuttavia, un indubbio elemento positivo nella decisione inglese: la denuncia del basso profilo dell'attuale Unione Europea. Quest'Europa non ha una vera Costituzione, ma solo il trattatello di Lisbona. Da troppi anni il "sogno matrice" dell'Europa è stato confinato nei libri di retorica storica. Dopo l'unificazione della Germania e l'accoglienza - forse troppo festosa e veloce - di molti nuovi membri, le problematiche europee si sono ridotte ancor più alla fredda recita di numeri e all'ascolto dei banchieri, rappresentanti ben rasati e imbellettati delle élite che detengono il vero potere, che dominano i parlamenti e i governi. Cos'ha a che fare questa Europa di Bund e BTP col sogno di De Gasperi, Adenauer, Schumann, Spaak, Spinelli, Mitterand e di tutti gli altri? Sui sassi insanguinati dalla Guerra mondiale, uomini nobili si strinsero la mano e condivisero un sogno: l'Europa come comunità di popoli fratelli. Non più inglesi e francesi o austriaci e italiani a scannarsi in una trincea, ma popoli fratelli: diversi, con più lingue, complementari, uniti da profonde radici culturali - che non si può non definire CRISTIANE senza mentire nel silenzio -. Insomma: fratelli!

L'Euro come moneta unica soffiò una ventata di gioia nel cuore degli europeisti convinti. Il Progetto Erasmus ha portato negli ultimi 30 anni masse briose di studenti europei da un'università all'altra: l'Europa ha iniziato a creare la sua élite intellettuale, poliglotta, abituata al viaggio, iniziata alla tolleranza e alla stima della diversità. Non c'è stato, mi pare, molto di più. Soprattutto non si è proceduto alla faticosa costruzione di una simbolica europea. L'Europa non ha il "sogno americano" a nutrire fino all'inconscio l'anima dei cittadini, non è compattata dalla teologia puritana dominante del "Destino determinato", che tra sangue e violenza portò alla conquista della "Terra promessa", dalle coste del Maine fino alla California. L'Europa possiede una folta selva di simboli e una storia molto più ricca: da Giulio Cesare e Ottaviano Augusto a Vercingetorige, da Papa Leone ad Attila, dai Leonardo e Galilei a Bacone, da Aristotele a Descartes, da Re Artù a Carlo Magno, dai Giacobini e Napoleone a Nelson e Churchill, dagli Ottoni all'Impero austro - ungarico a mille altri. Una pedagogia continentale ispirata dovrebbe organizzare i gioielli della nostra Storia e offrire al cuore degli europei un racconto continuo e fluido, sapido e meditato nella luce dei nostri tempi della ricchezza del passato, per arrivare al sacro momento fondativo: sulle spoglie del nazi-fascismo e degli orrori dell'olocausto il patto di un'Europa di Pace, un'Europa unita, bellissima nelle sue armoniche diversità.

Come già nell'ex Jugoslavia e in Rwanda, nell'azione folle dei terroristi islamici, nel conflitto secolare tra Turchi e Armeni, in cento micro conflitti dimenticati, nei movimenti xenofobi, pullulanti sul vecchio continente, si manifesta il nucleo ideologico della destabilizzazione mondiale: popoli diversi non possono convivere. È questa la radice della falsità. L'antica teologia cristiana parlava della "sum-fonia", è la diversità degli strumenti di una ricca orchestra che la abilita a eseguire sinfonie sublimi.  Gli strumenti dialogano, si alternano, poi di nuovo insieme. Non diversa è la vocazione profonda degli uomini. Per questo, dopo la fine della guerra, sorsero le Nazioni Unite e altre agenzie mondiali di dialogo e pace.

Molto prima del Cristo il Mediterraneo aveva educato i popoli a questa comunione. Lo spostamento dell'asse europeo verso la Mitteleuropa non mi pare un successo. Quando nel 1991 ventisettemila albanesi sbarcarono a Brindisi, l'Europa rimase con la bocca aperta nel vedere la capacità di accoglienza della piccola città di Puglia. Dietro c'erano radici cristiane, ma ancor prima la grande tradizione di accoglienza e solidarietà della gente di mare, che aveva trovato grande respiro di civiltà nella Magna Grecia. Eugenio Scalfari propose una medaglia d'oro per Brindisi: non è mai arrivata.

Sono arrivate però, in questi ultimi anni, chiusure da valligiani, dalle valli della Lega Padana in su, e da europei "isolani" britannici o scandinavi. Di fronte al primo grande tema di confronto che non fosse qualche tasso bancario, il movimento impressionante di popoli in atto, l'Europa ha avuto timore, si è messa a ricostruire muri. Poche parole si levano a difesa del sogno antico sulle macerie della Guerra. Il confronto con queste masse di migranti ha messo in evidenza la mancanza d'identità europea. Per questo gli inglesi, i "meno europei" di tutti per motivi "geologici" e storici, se ne sono andati per primi. Eppure resta il dibattito tra gli stessi cittadini britannici, resta l'inquietudine scozzese e nord - irlandese, popoli che vogliono restare nell'Unione. Perché l'Europa è una droga dolcissima, dolce come solo i grandi sogni sanno essere. Se il sogno europeo ha messo radici tra i sudditi di sua maestà britannica, sarà certo radicato tra i francesi e gli italiani, tra i tedeschi e gli austriaci.... L'Europa si svegli e riprenda a sognare, a parlare di grandi progetti: di difesa comune e di politiche di accoglienza, di Costituzione, di cultura, di cittadinanza. Cosa diremo domani ai nostri giovani se non potranno più andare a studiare a Londra come i loro fratelli dell'Erasmus? Le radici d'Europa, buttate dalla finestra nella smania pragmatica dei banchieri, chiedono di riemergere nella pancia dei cittadini e di avviluppare di sogno il loro cuore, come una buganvillea nuova e splendente da ceppo antico. O la civiltà europea riprende a sognare e a narrare le storie dei propri padri e madri... o è destinata a finire, a ripiegarsi su se stessa parlando di gender ed eutanasia, mentre i figli del Sud islamico le tagliano la gola. Incivilmente.

 

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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO)

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