RACCONTO LA STORIA

FRATE VENTO L'AMICO 4/2017

LA DIGNIPENIA

C’è un’intera famiglia di termini medici che ha il suffisso “penia”. La parola, dal greco, vuol dire “povertà, mancanza”. Così leucopenia ed eritropenia indicano la povertà di globuli bianchi e rossi, ferropenia e calciopenia quella dei minerali indicati.

La dignipenia – termine che mi son permesso di coniare poiché concittadino di Nicola Zingarelli e maturato nel Liceo Classico a lui dedicato nella città natale – è una malattia sociale che consiste nell’abbassamento progressivo della dignità, nell’incapacità non solo di ribellarsi a patenti iniquità, ai disservizi, alla corruzione dei politici e alla prevaricazione di certi funzionari, ma anche di avere il minimo fremito d’indignazione e critica di fronte a queste realtà.

Indignez – vous – (Indignatevi) è un libretto di Stéphane Hessel pubblicato nel 2010 dall’allora novantatreenne ex diplomatico e partigiano della Resistenza francese, deportato nel campo di concentramento di Buchenwald e sopravvissuto più che arzillo. Prima di morire, nel 2013, ha lasciato questo pamphlet che ha avuto un successo straordinario. Tradotto in molte lingue, è una specie di testamento spirituale, o un manifesto contro l’addormentamento delle coscienze in questo momento storico: “Ora tocca a voi, alle nuove generazioni: indignatevi! Non si deve abdicare, né lasciarsi intimidire dalla dittatura dei mercati finanziari che minaccia la pace e la democrazia”.

I temi affrontati dal vecchio partigiano sono alti. Frate Vento preferisce limitarsi ad indirizzare – per ora – a temi di democrazia quotidiana l’imperativo di Stéphane. Resto convinto, infatti, che la democrazia cresce quando iniziamo a preoccuparci di fare le cose per il bene comune a partire dall’uscio di casa, andando verso la piazza, il palazzo del Comune, la concretezza del nostro qui ed ora.

Tutti i giorni i cassonetti tracimano di rifiuti a Roma. Le buste di plastica trasparente, adottate giustamente per i protocolli antiterrorismo, vengono serialmente lacerate da gabbiani aggressivi. Le stazioni della metropolitana e l’interno dei treni come degli autobus promettono facili infezioni: occorre girare armati di amuchina. Il “sindaco” Raggi (la Crusca è dubbiosa sul neologismo al femminile, anche noi, pronipoti di Zingarelli!) continua a parlare della responsabilità degli amministratori che l’hanno preceduta. Intanto i pannelli malmessi della metropolitana mostrano messaggi di questo tipo: “Montascale fuori servizio Travertino e Numidio … Ascensori fuori servizio Termini Atrio – Banchina”. Della serie: disabili, restate a casa! Il punto è che non si tratta di problemi che vengano risolti in giornata o il giorno dopo, come succede nelle vere capitali europee e in altre città. Dopo settimane e mesi gli avvisi restano a deprimere l’animo dei viaggiatori. Non basta! Mentre scriviamo, a metà ottobre, il nastro elettronico fa spuntare un altro messaggio: “Linea A – Attese prolungate a causa di un ridotto numero di treni”. Ma quando li comprano questi treni? L’inefficienza dei trasporti è passivamente subita.

In tutto ciò, anzi, in molto altro, i cittadini si sono adagiati. I romani sembrano persone di gomma, non si ribellano, non s’indignano. Il massimo senso sociale che sanno esprimere è la mormorazione in attesa dell’autobus, ma mi pare ormai sempre più rara.

La Roma della storia è una città meravigliosa, unica. La Roma attuale è una capitale indegna, che indigna chi porta con un minimo d’onore la qualifica di cittadino, e porta addormentati sul suo petto sporco di mamma barbona coloro che vivacchiano, ormai abituati ai marciapiedi stemperati di sterco di cane, indifferenti alla retorica dei politici.

Non diciamo, certo, che la dignipenia sia esclusiva dei romani. È diffusa in tutt’Italia. Nell’estate 2016 ci fu lo scontro disastroso di treni tra Andria e Corato. Colsi l’occasione e la gentilezza dell’ANSA – Puglia e del GR 1 per affrontare il tema della disparità dei servizi ferroviari tra Nord e Sud. Sul sito di Trenitalia costato che le frecce rosse tra Roma e Milano sono aumentate, 97 al giorno. Tra Roma e Bari… restano tre frecce d’argento quotidiane. La progettazione delle infrastrutture è fatta ancora decisamente a sfavore del Sud, ma chi si indigna? Il personale che svolge il servizio “Pulizia a bordo treno” adotta una tecnica che questo frate ha ormai verificato decine di volte. Puliscono i bagni durante il viaggio e sulla metà di essi affiggono un adesivo: “Bagno fuori servizio”. Non è vero. Il bagno funzionava normalmente fino a un minuto prima. Lo preservano dall’uso per lavorare di meno. Intanto il treno è quasi sempre strapieno e si creano code e disagi. Non c’è capotreno o ufficiale di servizio che se ne accorga? Ma i viaggiatori non s’indignano: la dignipenia è infettiva. Gli anni passano e il materiale assegnato alla Roma Bari è sempre più vecchio. È raro che tu trovi una volta tutto funzionante: ora il sedile non si reclina, ora non si accende la luce di lettura. Nel mio ultimo viaggio, il 13 ottobre, tutte le astine appendiabito vicine al finestrino erano state sigillate. Forse occorreva manutenzione: meglio chiuderle per sempre.

Scendo a Foggia. Una signora anziana parla con un signore avanti a me, mentre stiamo entrando in stazione. “È una vita che viaggio su questo treno. Non è cambiato niente, solo i prezzi. Non è migliorato nulla. Beh, forse il modello dei biglietti. Più carino ora”. E sorride. Anche questo è dignipenia: sorridere anziché correre alla Bastiglia. Andavo a quindici anni da Foggia a Roma con un Rapido che impiegava 3 ore e 50. Dopo quarant’anni la decrepita Freccia d’argento ora descritta impiega tre ore sullo stesso percorso: quarant’anni per 50 minuti! La differenza vera è sulla Milano – Roma e sulla Venezia – Torino. 97 treni spostano ogni giorno tra Roma e Milano in 2 ore e 55 masse di persone che viaggiano comode in treni nuovi e spesso semivuoti. Noi pugliesi siamo trattati come una vecchia colonia dei Savoia. Ma i politici pensano ai loro giochi di potere. E la dignipenia fa strage.

 

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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO)

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