RACCONTO LA STORIA

ARTICOLO DI FONDO 5/2017

GESU’ SALVATORE DEL MONDO

L’angelo Gabriele viene mandato ad annunciare a Maria l’amore ineffabile di Dio, che diventerà in lei, col suo Sì, il suo Verbo eterno incarnato: Gesù. Anche Giuseppe, padre nella vita quotidiana del Figlio di Dio riceve l’annuncio di un angelo, in sogno. Se Gabriele dice a Maria che darà alla luce il figlio dell’Altissimo e lo chiamerà Gesù, l’Angelo che parla a Giuseppe definisce in certo senso il primo aspetto giuridico della missione del padre putativo: “Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù”. Giuseppe discende dal re Davide. È grazie alla sua “adozione celeste” di Gesù che questi sarà chiamato Figlio di Davide. Ma l’Angelo continua: “… Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,20-21). Il nome di Gesù vuol dire infatti Jahvè salva, Dio salva.

Gesù è il Dio con noi, Emmanuel, è il Figlio dell’Uomo e il servo obbediente visto dal secondo Isaia, è il discendente di Davide, il Profeta e il Re. Ogni attributo e qualifica possibile, tuttavia, afferisce alla sua missione: “Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Per questo i primi cristiani, perseguitati e costretti alla prudenza, usavano tracciare un pesce per riconoscersi gli uni gli altri. Pesce, in greco iktús, era l’acronimo di Iesús, Cristós, Teós, Uiós, Sotér = Gesù Cristo, Dio, Figlio di Dio, Salvatore. Il popolo cristiano, costretto al nascondimento e talvolta al martirio cruento, si riconosceva all’ombra del nome di Gesù, si confessava popolo salvato dal sangue di Gesù e santificato dall’annuncio del Vangelo e dal Battesimo. E quando gli aguzzini li gettavano alle fiere o li crocifiggevano o usavano altro supplizio i loro volti manifestavano una luce di salvezza che le menti oscurate dal male non potevano comprendere. Come il volto luminoso del primo martire, il santo diacono Stefano: “Tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo” (At 6,15).

Si narra in molte cronache del tempo, negli antichi martirologi, che i cristiani cantassero mentre venivano torturati e uccisi. La distruzione di morte che viene da mani adunche non può sopprimere il canto della vita. Chiunque entra in contatto con Gesù, chi si sottomette al suo nome, e lo invoca con fede, viene immerso nella sua Pasqua, cioè nella sua morte e risurrezione. Già al suo apparire sulla terra Gesù Bambino scioglie un canto nuovo sulle labbra degli umili. Ascoltate le melodie natalizie del Vangelo di Luca. Quali cantori di salvezza ci vengono presentati. Zaccaria, muto per la sua incredulità, ritrova parola e canto: “Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide suo servo”. Non conosciamo il canto dei poveri pastori della notte di Betlemme. Esclusi dai riti della sinagoga per la loro promiscuità con le bestie, vengono invitati dall’angelo alla prima liturgia del Salvatore: il presepe. “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11), dice loro l’Angelo. Ed essi credono e vanno a vedere il bambino, e amo pensare - che come tutti i semplici e i poveri fanno - abbiano offerto qualcosa, del latte chissà, o un po’ di vino a Giuseppe. E se ne tornano pieni di gioia, “glorificando e lodando Dio”(Lc 2,20). Il Salvatore bambino commuove i loro cuori e scioglie le lingue in canto di salvezza. Allo stesso modo reagisce il vecchio Simeone al tempio. Vede il Bambino presentato a Dio e prorompe in canto: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza” (Lc 2, 29-30). Anche la profetessa Anna loda Dio per la sua salvezza, parla di Lui a quanti aspettano la redenzione di Gerusalemme.

Cambiamo bruscamente la scena. Andiamo alla fine del Vangelo, al capitolo 23 di Luca. I capi del popolo deridono Gesù crocifisso e gli dicono: “Ha salvato altri, salvi se stesso, se lui è il Cristo di Dio, l’eletto”. E i soldati romani aggiungono: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”. Financo uno dei malfattori suoi compagni di patibolo lo insulta: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. Mi viene in mente il grande Carl Rahner, teologo gesuita del secolo scorso. Nel suo Corso fondamentale sulla fede sosteneva, a ragione, che la parola Dio è connaturata all’umanità: vuoi come parola che afferma la fede, vuoi come negazione della fede “non credo in Dio”, vuoi, come in Ludwig Wittgenstein, come problema negato: “Non si può parlare di Dio, perché non è un concetto chiaro”. Così, di fronte alla scena della croce, penso che mai si è parlato tanto di salvezza intorno a un patibolo di morte come quel giorno. E il finale, lo sappiamo, è del Salvatore. Il buon ladrone crede in Lui e lo implora di salvarlo: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. E Gesù: “Oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23, 42 - 43).

Dio salva. Contro ogni pessimismo, contro ogni presunta autosufficienza. Dio salva anche il centurione romano, che alla morte di Gesù, afferma la sua fede: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio” (Mc 15,39). Dio salva anche quel sacerdote olandese, di cui non dico l’Ordine religioso, che qualche anno fa affermò con stupida sicurezza in un Convegno di frati: “In Olanda il Cristianesimo è morto. Non vogliamo l’aiuto di Roma. Lasciateci morire in pace!”. Che somiglia tanto alla bestemmia del “cattivo” ladrone.

In un’Europa che si va sfaldando tra le manovre britanniche e buffi irredentismi pseudo - libertari, in un’Europa esangue che ragiona di gender ed eutanasia, in un’Europa che si ritiene matura, ricca, autosufficiente… ed ha sempre più paura qualcuno deve ricordare che “non c’è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale possiamo essere salvati se non il nome di Gesù” (cf At 4,11-12).

Gesù è il Signore. Gesù è Salvatore. Quando vedo il pessimismo dilagare anche tra certi confratelli e tra gli uomini di Chiesa, mi sembra di udire la stessa voce che il giovane Isaia udì al termine della sua visione: “Chi manderò? E chi andrà per noi?”. E il giovane profeta è pronto a rispondere: “Eccomi! Manda me!”. È questo l’augurio di Natale per ciascuno di voi, cari lettori. Lasciatevi inviare da Dio come testimoni della sua salvezza, come i pastori di Betlemme, Zaccaria, Simeone e Anna. Soprattutto come lei, la madre splendida: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio Spirito esulta in Dio, mio Salvatore”. Buon Natale, fratelli e sorelle salvati dal nome di Gesù. Buon Natale a tutti voi, cristiani anonimi, che avete nostalgia del nome del Salvatore prima ancora di averlo conosciuto; che aspettate, senza averne coscienza, che la Chiesa si lasci scuotere dal fremito di vita della Vergine Madre e vi annunci con dolce energia il nome di Gesù. È lui che aspettate. È nato.

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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO)

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