RACCONTO LA STORIA

FRATE VENTO L'AMICO 5/2017

CHE RAZZA D’UOMO PER NATALE?

Un conduttore di un programma su una Radio privata nazionale spiega uno studio di alcuni psicologi. Ritrovarsi in famiglia per allestire l’albero di Natale e preparare luminarie suscita memorie d’infanzia, evoca la famiglia riunita, fa bene. Ha girato più volte su “festoni e luminarie”, più volte ha citato l’albero, non ha usato una parola molto natalizia nella nostra cultura: il presepe.

Il patente paradosso è che il Natale, almeno storicamente, almeno per la geometria dei calendari di tutto l’Occidente, è la festa della Nascita… Natale di Gesù di Nazareth; per i cristiani, Figlio di Dio, Signore, Salvatore. Per questo il 25 dicembre viene nove mesi dopo la festa del Concepimento di Gesù nel grembo di Maria, l’Annunciazione, il 25 marzo. Così la nascita di Giovanni il Battista è fissata al 24 giugno perché si sa che nacque sei mesi prima di Gesù.

Nel contesto, che dovrebbe essere neutrale, di una Radio privata, non sarebbe un problema accanto all’albero e alle luci citare il presepe, ma il conduttore non lo ha fatto. Mi ha richiamato quanto accade in alcune linde città d’Olanda e di altri paesi dell’Europa del Nord, quella più ricca e più mesta. Potenti altoparlanti trasmettono musiche tradizionali. Anche queste, secondo gli psicologi, danno serenità e pace. Le strade sono decorate di luci e colori, i negozi vendono, magari c’è qualche fiocco di neve. Dietro questa serenità di celluloide, che fa scattare forse in altre teste oltre la mia il pestilenziale jingle del corrosivo pandoro, non c’è molto. La festa è tale se evoca, se richiama un’epica e una drammatica, se ha riti che ci riportano all’intimità e alla pubblicità che la tradizione ha fuso. L’albero e il pandoro non hanno lo spessore sufficiente per dare senso a una celebrazione così ostentata. Nella liturgia ebraica della Pasqua il più piccolo della famiglia chiede al più anziano il perché di quel pane azzimo e di quelle erbe amare, di quell’agnello e, insomma, di tutta la solennità che li circonda. E l’anziano inizia a recitare il memoriale biblico, iscritto nella sua memoria da quando era lui il piccino che poneva la domanda all’anziano: “Mio padre era un arameo errante …”.

La memoria struttura l’identità, provoca a una conferma o un rifiuto, ma accende i cuori e li illumina. Nascondere i simboli che fanno del Natale… il Natale è forse parte del gioco - che a volte è cosciente e politicamente voluto, altre volte è solo banalità edulcorata - razionalista e asettico di un’Europa che per sentire fremiti di patria e libertà… “manda” numerosi suoi figli a uccidere e morire come combattenti nelle file dell’Isis.

Non sogniamo un’Europa massicciamente cristiana: il Cristo ci ha insegnato a rispettare la libertà di chiunque e la Chiesa è da parecchi anni in una condizione di tale libertà da poter riconoscere gli errori fatti nella storia, quando la libertà di altri è stata conculcata o soffocata. Così ha fatto San Giovanni Paolo II. Ma vorremmo suggerire a quest’Europa esangue, che cammina lenta e confusa tra carillon e alberi e festoni anonimi a Natale, di ricordarsi delle sue origini, fosse pure per negarle, con un’onesta professione di ateismo serio. Ma qui non c’è riflessione matura, c’è piuttosto l’onda lunga del nichilismo che apre a ogni immoralità e comportamento antisociale. L’ennesima morte per suicidio di una bella ragazza sarda, ricattata da alcuni giovani amici che l’avevano ripresa durante rapporti sessuali, ci richiama al dolore. Organizzazioni come Osservatorio per l’adolescenza, stigmatizzano le percentuali elevate di ragazzini e adolescenti dei due sessi che con estrema facilità si fanno foto senza vestiti e a sfondo sessuale e le scambiano, le pubblicano, e molte volte le usano per ricatti. Chi dovrebbe dire a un adolescente che di ricatto… si può morire? Che la vergogna può indurre al suicidio? I genitori? Beh, direi di sì. La scuola? No comment. La parrocchia? Ma ci va sempre meno gente.

Natale. Il conduttore radio consiglia di riunirsi in famiglia per preparare l’albero e le luminarie. Magari il papà e il figlio, la nonna e la nipote, potranno parlare un po’ dopo pranzo, magari si potrà condividere esperienze di vita e chiedere un consiglio, sotto le luminarie e i festoni, davanti all’albero. Magari c’è anche una figliola o una nuora che ha partorito da poco e con lieto pudore allatta gioiosa il bambino nel salotto di famiglia, nella penombra di luci tenui.

Chissà perché sono ancora convinto che qualunque discorso di famiglia sarebbe più facile dinanzi a quella piccola famiglia: padre e madre col bambino in una stalla, e due amici pastori davanti. Chissà perché sono convinto che quel Bambino, come il piccino che la mamma sta allattando nel salotto, ispiri amicizia sana tra gli adolescenti, e solidarietà… in una parola un’etica, che le asettiche musiche olandesi non hanno la forza di recuperare. I nostri ragazzi che si fanno video erotici e si ricattano - e non sono pochi gli adepti - sono il segno di una società malata. Che razza d’uomo può costruire lo smart-phone?

Una volta, nelle case dell’Italia che faceva figli e cresceva per dimenticare la guerra perduta, ci si metteva le pattine, per non rovinare la cera appena messa. Potremmo per Natale adottare il rito dell’abbandono: alla porta di casa lasciamo il cellulare ed entriamo sorridenti per abbracciare amici e parenti, per raccontarci storie di vita, per parlare e giocare coi nostri bambini, davanti a quel Bambino.

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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO)

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