RACCONTO LA STORIA

EDITORIALE L'AMICO 3/2018

Bisogno di Francesco

Un Papa gesuita che sceglie il nome di Francesco è già un segno dei tempi, come ricorda fra Giovanni Spagnolo. Non intendiamo fare il panegirico del nostro fondatore: francamente non ne ha bisogno. Vorremmo piuttosto riportare il cuore di chi legge all’armonia della semplicità, alla purezza del respiro in altura, all’emozione dell’onda del mare inesausta e sempre diversa che ci lambisce i piedi. I nostri lettori sanno che spesso la nostra mente va all’Europa. Non si tratta di una scelta salottiera, di un argomento di discussione: l’Europa è la nostra terra, la nostra storia, che ci permette di aprirci all’incontro con uomini e donne che vivono o vengono a noi da altri continenti. Il mio villaggio, la mia città, la mia regione sono in Europa, saturi d’un incredibile e sapido incontro di culture che va dai filosofi presocratici a Baumann e a papa Francesco, giusto per accennare a due piccole coordinate. Dalla Normandia alla Puglia, dall’Andalusia alla Scandinavia l’Europa è una terra composta di mille terre, una cultura vascolarizzata da mille vene e arterie di differenti culture che danzano tra loro come le biscrome di una sinfonia vivace.

Quando si parla di terra il bisogno di Francesco sorge spontaneo. L’ossimoro fondamentale della sua vita è stato essere un uomo rapito dal desiderio del cielo, ma con i piedi feriti dolcemente e appassionatamente legati alla terra. Il Padre incontrato teneramente nel suo Figlio Gesù è il datore di ogni dono, assieme allo Spirito che da Lui e da Gesù procede. Il Cantico di frate Sole è la melodia che unisce il cuore dell’uomo fatto di terra e il cielo, le profondità del cuore umano, più scure di grotta di abisso, e la luce fulgida di frate Sole, bello et radiante cum grande splendore.

Francesco era mercante bravo. Anche lui, in una prima stagione di vita, ha avuto qualcosa d’un broker di Wall Street o d’un banchiere tedesco dei nostri giorni. Per questo può dire oggi a noi europei “non di solo spread vive l’uomo”. Può dire al Presidente Trump e ad altri potenti della terra che nessun guadagno vale il progressivo inquinamento del pianeta, nessuna sicurezza si ottiene dal rifiuto dell’incontro con altri popoli in movimento.

Mi trovavo negli Stati Uniti d’America il 18 maggio scorso, quando un giovane armato ha ucciso dieci persone in un Liceo di Santa Fè – Texas. Ho sentito ancora gente sostenere il diritto, sancito dalla Costituzione americana, di portare armi liberamente. Un frate mi ha scioccato: “Le armi salvano più vite di quante ne tolgono”. Francesco … dove sei?

Proprio nel territorio tra gli attuali Stati Uniti e il Canada, di fronte alla violenza dell’uomo bianco che abbatteva bisonti e nativi senza troppa differenza, fu sussurrata la profezia degli indiani Cree: “Solo dopo che l’ultimo albero sarà stato abbattuto/ solo dopo che l’ultimo fiume sarà stato avvelenato/ solo dopo che l’ultimo pesce sarà stato catturato/ soltanto allora scoprirai che il denaro non si mangia”.

Il figlio del mercante assisano aveva pelle bianca, ma il cuore molto simile a quello dell’autore sconosciuto di queste sagge parole. Noi tutti, figli di quest’Occidente spietatamente mercantile e consumista, abbiamo bisogno di ritrovare il cuore rosso vivo, piuttosto che guardare il colore della pelle. In questo Francesco è maestro. Per questo abbiamo bisogno di lui: per tornare alla terra, per contemplare ancora il cielo, per vivere in pace con tutti gli uomini, in un pianeta custodito con amore e saggezza.

 

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(Fonte: L'AMICO DEL TERZIARIO)

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